Umoja, il villaggio del Kenya dove le donne sono libere dalla violenza di genere
10 Luglio 2023 – 20:58

Africa, 10 luglio 2023
di Claudia Volonterio
C’è un luogo sicuro in Kenya dove tante donne si sono rifugiate negli anni per proteggersi da ogni forma di violenza di genere, tra cui stupro, mutilazioni genitali femminili, abusi …

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Papa Francesco in Sud Sudan

a cura di in data 1 Marzo 2023 – 20:59Nessun commento

Salute Internazionale, 1 marzo 2023

Maurizio Murru

Papa Francesco nel corso del suo viaggio ha messo il dito sulle numerose piaghe che tormentano da decenni molti paesi del continente africano: violenza generalizzata, violenza sulle donne, saccheggio delle abbondanti risorse ad opera rapaci governi e compagnie straniere con la complicità interessata di élites locali, sfrontatamente corrotte, sullo sfondo di povertà diffusa. Il Papa ha parlato con le autorità, con alcuni sfollati, con alcune vittime della violenza dilagante. Ha pianto con loro, ha fustigato le autorità, le ha implorate a considerare ed usare il potere come un servizio.

Il Pellegrinaggio di Pace in Sud Sudan
Il 3 febbraio Papa Francesco ha lasciato la Repubblica Democratica del Congo per recarsi a Juba, capitale del Sud Sudan. Questo è il più giovane paese del mondo, giunto all’indipendenza per secessione dal Sudan il 9 luglio 2011, dopo la più lunga delle tante lunghe guerre civili africane. Una guerra combattuta in due fasi: la prima, durata 17 anni, fra il 1955 e il 1972; la seconda, durata 22 anni, fra il 1983 e il 2005. I festeggiamenti per la raggiunta indipendenza sono durati poco. Il 15 dicembre 2013 è iniziata una nuova guerra civile, questa volta tutta interna al Sud Sudan, anche se non sono mancati interventi esterni: dell’Uganda a fianco del Presidente Salva Kiir e del Sudan al fianco dei ribelli del’ex Vicepresidente Riek Machar. Un accordo di pace firmato nel 2018 non è ancora stato completamente realizzato. La guerra ha fatto più di 400.000 morti, e più di un terzo della popolazione è stato sradicato dalla violenza: 2.200.000 sfollati e 2.300.000 rifugiati nei paesi vicini[1].

11 Aprile 2019: Papa Francesco bacia i piedi ai leader Sud Sudanesi
Prima ancora di questo “pellegrinaggio ecumenico”, compiuto assieme all’Arcivescovo Anglicano di Canterbury, Justin Welby e al Moderatore della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields, è impresso nella memoria il gesto compiuto da Papa Francesco l’11 aprile Su iniziativa dell’Arcivescovo di Canterbury, il Presidente Salva Kiir, il Primo Vicepresidente Riek Machar e il Secondo Vicepresidente Rebecca Garang, erano stati invitati ad un ritiro spirituale in Vaticano per promuovere la pace. Alla fine di quel ritiro, con un gesto che sorprese tutti, Papa Francesco si inginocchiò, faticosamente data la sua salute, a baciare i piedi dei tre leader sud sudanesi rivolgendo poi loro le seguenti parole ““A voi che avete firmato un accordo di pace. Vi chiedo come fratello, restate nella pace. Avete avviato un processo, che finisca bene. Ci saranno lotte tra voi, ma che siano in ufficio… Davanti al popolo, presentatevi con le mani unite, così da semplici cittadini diverrete padri della nazione [2].
Come Papa Francesco ha detto parlando coi giornalisti durante il viaggio di ritorno a Roma, quel gesto clamoroso non era stato programmato, era venuto di getto, un impulso dettato dal forte desiderio di colpire l’animo di quei capi politici[3].

Il discorso del Papa alle autorità: basta sangue versato, basta conflitti, basta violenze…
Il 3 febbraio, incontrando le autorità sud sudanesi, la società civile e il corpo diplomatico, il Papa ha pronunciato, a più riprese, parole chiare e dirette: “… Anni di guerre e conflitti non sembrano conoscere fine e pure recentemente, persino ieri, si sono verificati aspri scontri, mentre i processi di riconciliazione sembrano paralizzati e le promesse di pace restano incompiute … […]Fratelli e sorelle, è l’ora della pace! […] di questo hanno bisogno i figli del Sud Sudan: hanno bisogno di padri, non di padroni … […]Signor Presidente, Signori Vice-Presidenti, in nome di Dio, del Dio che insieme abbiamo pregato a Roma, del Dio mite e umile di cuore (cfr Mt 11,29) nel quale tanta gente di questo caro Paese crede, è l’ora di dire basta, senza “se” e senza “ma”: basta sangue versato, basta conflitti, basta violenze e accuse reciproche su chi le commette, basta lasciare il popolo assetato di pace. Basta distruzione, è l’ora della costruzione! […]”. E’ l’ora della costruzione, è l’ora di mettere in pratica il processo di pace firmato nel 2018, il “Processo di pace rivitalizzato”, così definito
in riferimento a quello, bloccato, firmato tre anni prima. In realtà, anche questo processo “rivitalizzato” è bloccato come quello che lo ha preceduto. Tanto che nell’agosto del 2022 il
mandato del “governo di transizione” è stato prolungato e le previste elezioni sono state rimandate di due anni, fino alla fine del 2024[4].

Il potere come servizio, giri iniqui di denaro e trame nascoste per arricchirsi
Come aveva fatto a Kinshasa, anche a Juba Francesco ha ribadito che il potere ha senso solo se vissuto e utilizzato come “servizio” “… Ecco lo scopo del potere: servire la comunità” e, di nuovo, ha fustigato corruzione e avidità “… le abbondanti risorse con cui Dio ha benedetto questa terra non siano riservate a pochi, ma appannaggio di tutti, e ai piani di ripresa economica corrispondano progetti per un’equa distribuzione delle ricchezze […] Fuor di metafora, la pulizia di cui il corso della vita sociale abbisogna è la lotta alla corruzione. Giri iniqui di denaro, trame nascoste per arricchirsi, affari clientelari, mancanza di trasparenza: ecco il fondale inquinato della società umana, che fa mancare le risorse necessarie a ciò che più serve.” A proposito di questo “fondale inquinato che fa mancare le risorse necessarie a ciò che più serve”, vale la pena di citare il corposo rapporto pubblicato nell’ottobre del 2022 da “The Sentry” che documenta come un miliardo di dollari sia stato rubato da gruppi legati ai più alti ranghi del potere, incluso il Presidente della Repubblica e quello della Banca Centrale, privando il paese, come recita il sottotitolo, “di carburante, cibo e farmaci”[5]. Il già citato Indice di Percezione della Corruzione di Transparency International del 2022 pone il Sud Sudan al 178° posto su 180 paesi studiati. Per ragioni di spazio omettiamo altri esempi di corruzione ai più alti livello dello stato tanto clamorosi quanto vergognosi, specialmente tenendo presente il fatto che, a causa dell’insicurezza e di devastanti alluvioni, quasi 9 milioni di persone (3/4 della popolazione totale) necessitano di aiuti umanitari e 6,6 milioni sono alla fame[6].

Rispettare e proteggere le donne
Infine, anche in Sud Sudan, il Papa ha esortato a rispettare e proteggere le donne “… Vengano coinvolte maggiormente, anche nei processi politici e decisionali, pure le donne, le
madri che sanno come si genera e si custodisce la vita. Nei loro riguardi ci sia rispetto, perché chi commette violenza contro una donna la commette contro Dio, che da una donna ha preso la carne”[7]. Ancora, sabato 4 febbraio, incontrando un gruppo di sfollati alla Freedom Hall di Giuba: “… vi prego, prego tutti gli abitanti di queste terre: la donna sia protetta, rispettata, valorizzata e onorata. Per favore: proteggere, rispettare, valorizzare e onorare ogni donna, bambina, ragazza, giovane, adulta, madre, nonna. Senza questo non ci sarà futuro[8]” Un rapporto del “Consiglio per i Diritti Umani”, pubblicato il 21 marzo 2022 riporta una serie infinita, incalcolabile, di raccapriccianti episodi di violenza sulle donne, rapite, torturate, stuprate, usate come schiave sessuali. Il rapporto dichiara che gli episodi descritti sono una piccola parte di quelli realmente accaduti ma non denunciati e sottolinea come essi siano radicati in un “sistema patriarcale basato sulla dominazione e sulla discriminazione di genere così come sulla marginalizzazione sociale, legale, politica ed economica [della donna]”[9].

No alle contrapposizioni etniche
Alla fine del suo viaggio, domenica 5 febbraio, il Papa ha concelebrato una funzione liturgica al mausoleo che accoglie le spoglie di John Garang, leader dell’indipendenza del Sud Sudan.
Nell’omelia pronunciata in quell’occasione Papa Francesco ha detto, fra l’altro, “… superiamo quelle antipatie e avversioni che, nel tempo, sono diventate croniche e rischiano di contrapporre le tribù e le etnie; impariamo a mettere sulle ferite il sale del perdono, che brucia ma guarisce. E, anche se il cuore sanguina per i torti ricevuti, rinunciamo una volta per tutte a rispondere al male con il male, e staremo bene dentro.[10]” Gli 11,5 milioni di sud sudanesi sono divisi in una sessantina di gruppi etnici spesso in lotta fra di loro. Alla vigilia della visita el Papa, una ventina di persone sono state uccise nel corso di una razzia di bestiame nella Contea dell’Equatoria Centrale[11]. Secondo quanto riportato il 16 febbraio scorso dalla UNMISS (Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan), “… il numero dei civili vittime della violenza in Sud Sudan è drasticamente cresciuto alla fine del 2022 sia rispetto al trimestre precedente che allo stesso periodo del 2021”[12].

Ottimismo della volontà e pessimismo della ragione
Abbiamo riportato numerosi stralci dei discorsi pronunciati da Papa Francesco nel corso di questo suo viaggio. Discorsi che hanno messo il dito sulle numerose piaghe che tormentano
da decenni i due paesi: violenza generalizzata, violenza sulle donne, saccheggio delle abbondanti risorse ad opera rapaci governi e compagnie straniere con la complicità interessata di élites locali, sfrontatamente corrotte, sullo sfondo di povertà diffusa. Il Papa ha parlato con le autorità, con alcuni sfollati, con alcune vittime della violenza dilagante. Ha pianto con loro, ha fustigato le autorità, le ha implorate a considerare ed usare il potere come un servizio. Servirà tutto ciò? A giudicare dagli episodi violenti verificatisi poco dopo la
partenza del Papa, temiamo di no. Questo viaggio di Papa Francesco ci pare un esempio paradigmatico del gramsciano e generoso “ottimismo della volontà” opposto all’ineludibile “pessimismo della ragione”.

(Maurizio Murru, Medico di sanità pubblica)

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