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La Russia si separa dall’occidente e trascina con sé anche la Cina

a cura di in data 19 Marzo 2022 – 21:36Nessun commento

L’irritazione cinese per la guerra russa è dimostrata dall’interruzione della nuova Via della Seta terrestre. La linea ferroviaria Yiwu-Rotterdam/Londra non funziona più
FOTO AP

Domani, 19 Marzo 2022,
di Mario Giro (politologo)

Il decoupling inizia in Ucraina

Alla fine il decoupling, il “disaccoppiamento”, c’è stato: non tra occidente e Cina come si prevedeva ma con la Russia. Isolata sui mercati finanziari e commerciali, Mosca è tornata ai tempi dell’Urss o forse peggio. L’unica via di fuga che le rimane è accordarsi con Pechino: in prospettiva non un grande risultato per l’Europa ma nemmeno per i russi. Certo, sarà dura per questi ultimi anche se si tratta di uno dei popoli più resilienti della terra, capaci di sopportare quasi qualunque avversità. Non dovremmo dimenticare mai tale realtà che la storia ci consegna, ricordandoci anche che almeno il 70 per cento dei russi considera Vladimir Putin il leader che ha risollevato le sorti di un paese in rovina e spossessato dalle predazioni degli occidentali durante gli anni Novanta. Se questa è la loro percezione, pur sbagliata che sia, non saremo noi europei o americani a poterla cambiare: ciò potrà avvenire solo dall’interno e chissà quanto tempo ci vorrà.

La linea Yiwu-Rotterdam/Londra
Dal canto suo Pechino non sa che atteggiamento tenere e resta in bilico. Da un lato è soddisfatta della crisi tra Mosca e Washington che obbliga quest’ultima a concentrarsi di nuovo in Europa tralasciando – almeno per un po’ – l’Asia. Allo stesso tempo la Cina può mettere le mani sugli asset russi, pensando di acquisire a poco prezzo importanti attività e partecipazioni in compagnie di rilevanza strategica (gas, petrolio, alluminio e altro). D’altro canto l’irritazione cinese per la guerra russa è dimostrata dall’interruzione della nuova Via della Seta terrestre (la linea ferroviaria Yiwu-Rotterdam/Londra non funziona più), di cui molti rami passavano per la Russia e attraverso l’Ucraina, dove tra l’altro Pechino ha fatto molti investimenti. Si tratta di un sistema di 78 linee ferroviarie verso 180 città europee, ora bloccate. Per ciò che concerne le merci è una vera debacle: anche i maggiori trasportatori come Msc, Maersk, Cma-Cgm ecc. hanno sospeso ogni servizio che transiti per la Russia, seguiti da Ups, Fedex, Dhl o Bolloré che a loro volta hanno interrotto le spedizioni terrestri tra Asia ed Europa. Il decoupling è in marcia. A Pechino stanno scervellandosi per ovviare a tali interruzioni e decidere quali vie alternative far prendere alle merci, a costi ovviamente accresciuti (e con lo svantaggio politico di dover usare essenzialmente la via del Pacifico verso gli Usa). Anche il traffico che passava per il mar Nero, non molto rilevante ma essenziale per i trasporti di grano, è in questo momento perturbato e se ne prevede il totale arresto se il conflitto durerà.

La ripresa post Covid
La guerra russa è percepita dai cinesi come avventurismo che taglia le gambe a una ripresa mondiale appena iniziata dopo due anni di Covid. Tale contrarietà è saltata agli occhi di tutti durante il voto all’Assemblea generale delle Nazioni unite: se solo si fosse davvero impegnata, la Cina avrebbe potuto mobilitare una campagna filo-russa aumentando di molto il gruppo degli astenuti che alla fine sono stati solo 35, contro 141 votanti a favore della condanna contro Mosca. Cosa farà ora Pechino? Qualcuno dice che abbia già offerto alle banche russe di utilizzare il proprio sistema di pagamenti internazionali basato sul renbimbi (Cips) al posto dello Swift da cui sono state escluse. In realtà Pechino non ha deciso se puntare sulla creazione di un sistema parallelo a quello del dollaro/euro, ancora prevalente. In ogni caso non sarebbero stati questi i suoi tempi e di conseguenza starà a vedere cosa accade prima di decidere, anche perché la moneta cinese non è molto utilizzata come valuta di scambio o di riserva non essendo universalmente convertibile. L’incontro a Roma tra il consigliere per la Sicurezza nazionale americano Jake Sullivan e il responsabile della politica estera del Partito comunista cinese Yang Jiechi, è significativo: nessuno sa cosa si siano detti durante le sei ore di colloquio ma è facile immaginare che le conseguenze della guerra russa siano state la maggiore preoccupazione per entrambi. È possibile che gli americani abbiano colto l’occasione per spiegare quali sono le loro condizioni per mantenere in vita il sistema globalizzato attuale, che tanto sta a cuore a Pechino. In Cina è noto che a Washington è molto attivo il partito trasversale anti globalizzazione (molto rafforzato nel quadriennio Donald Trump) il quale potrebbe giovarsi dell’opportunità offerta dal conflitto russo-ucraino. Il tema è squisitamente geopolitico: con la guerra Mosca si sta staccando dall’Europa e vira verso l’Asia, trascinando tuttavia anche quest’ultima lontano dall’occidente. Non è ciò che i cinesi vogliono, almeno per ora, e comunque non alle condizioni e con i tempi dettati da Mosca.

La querelle Russia-Europa
La querelle Russia-Europa è antica: da un punto di vista culturale sembra la solita polemica tra eurofili e slavofili ma in questo caso si tratta di una decisione che trasforma l’hearthland europeo in un’Eurasia che potrebbe spaccare il continente proprio all’altezza dell’Ucraina. Tale vicenda trasforma l’Europa nel fulcro del gioco politico tra le grandi potenze, ridonandole una centralità (non richiesta) che il vecchio continente aveva perso dalla fine della Guerra fredda. La turbolenta frontiera tra Russia e Ue passa per le terre contese dell’Ucraina: dal suo punto di vista la Russia smette di arretrare e cerca di recuperare almeno un pezzo di ciò che fu l’impero zarista prima e sovietico poi. Si tratta di un’illusione, un miraggio funesto che si sta dimostrando letale per il futuro di Mosca. Davanti alle città ucraine accerchiate e bombardate, crollano i disegni di una nuova Russia attore globale che ora si ritrova isolata, rifiutata e fortemente biasimata. Troppo sicura di sé, la leadership russa ha commesso un grave errore di valutazione, sbagliando lettura sull’Europa. L’agosto di Kabul, le liti interne all’Ue, l’ossessione migratoria euro-americana, l’assedio del Campidoglio: molti elementi hanno fatto credere ai russi che l’occidente fosse ormai nel caos, incapace di evitare il declino. Come spesso accade, i sistemi autoritari diventano vittime della loro stessa propaganda: dopo i primi venti giorni di guerra già è chiaro che Putin ha ottenuto l’effetto contrario. Anche la Nato, dichiarata cerebralmente morta dal presidente Macron non più tardi di due anni fa, è risorta dal suo torpore, nonché dalle controversie con la Turchia.

Cambiamenti strategici
È possibile che i russi pensassero di essere accolti favorevolmente almeno dagli ucraini orientali, dove i russofoni sono la maggioranza. Ma la spallata non c’è stata e ora Mosca si trova ad affrontare una guerra più lunga e molto distruttrice, di cui è considerata unica responsabile. L’unità dell’Unione europea è stata un’altra sorpresa per gli strateghi russi che si possono consolare solo con il fatto che nello stesso errore erano cascati prima di loro anche i britannici all’epoca della Brexit. Sottoposta a stress, l’Ue assume le caratteristiche di “protezione” degli stati membri, un privilegio a cui nessuno vuole rinunciare. Davanti alle immagini dei carri russi invasori, un solo e unico brivido emotivo scorre da Lisbona a Varsavia o da Copenaghen a Roma: la simpatia va tutta agli ucraini aggrediti verso cui si riversa una solidarietà e un’accoglienza in deroga alle stesse regole restrittive che l’Unione si era data. L’ondata emotiva passerà ma l’astio contro la Russia rimarrà a lungo: non sarà facile dimenticare le responsabilità di chi ha messo in serio pericolo la pace europea. Per questo una certa parte dell’opinione europea ha sostenuto all’inizio l’invio di armi alla resistenza ucraina, anche se in seguito si è concentrata sulla richiesta di tregua proprio a causa del pericolo che il continente sia coinvolto in una guerra totale con la Russia che nessuno vuole. Da un punto di vista strategico qualcosa è cambiato forse per sempre: contrario alle armi nucleari, il Giappone vuole l’atomica; tradizionalmente gelose della loro neutralità Svezia e Finlandia sono tentate dalla Nato; anche la Svizzera pare abbandonare la sua storica imparzialità e l’Unione europea decide di armarsi. Il fatto più eclatante è il riarmo tedesco: la guerra di Putin sta cambiando gli equilibri a tutto discapito di Mosca, seppur nel breve periodo pare che il conflitto puntelli il potere del leader russo. Tutto questo va anche a svantaggio della Cina che non aveva previsto un simile scenario (né l’impreparazione militare russa): sarà più difficile e rischioso per Pechino fare la voce grossa su altri quadranti (vedi Taiwan ma non solo) se non vuole accelerare quel processo di disaccoppiamento che non le conviene.

(Mario Giro)

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