Chi resta al fianco della Russia? Ecco come la guerra ucraina può arrivare fino in Africa
Domani, 2 Marzo 2022,
di Mario Giro (politologo)
Oltre i confini dell’est
La politica globale si sta chiedendo quali saranno le conseguenze della guerra in Ucraina sul resto del mondo. Chi si schiera con la Russia, a parte i soliti rogue states come l’Iran, il Venezuela o la Corea del Nord? Si tratta di una domanda cruciale soprattutto in Africa dove Mosca sta aumentando da qualche anno la propria presenza politico-militare. È noto l’intervento dei contractors dell’agenzia russa Wagner in numerosi paesi del continente, a iniziare dalla Repubblica Centrafricana, ma soprattutto l’influenza politica messa in campo dalla Russia che possiede un’ampia rete diplomatica eredita dai tempi dell’Unione sovietica, per qualche tempo in sonno e ora pienamente riattivata. L’ultima espansione in ordine temporale è stata quella in Mali, dove la polemica contro i francesi ha portato alla fine dell’operazione militare Barkhane e all’invito fatto ai russi di prenderne il posto. Tale processo è stato favorito dai due colpi di stato che hanno portato l’esercito a impadronirsi del potere. Per ora le autorità militari del Mali tacciono. Era circolata sui social una falsa notizia sul riconoscimento delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, subito smentita, anche se il governo attuale di Bamako è molto vicino a Mosca dopo la rottura con la Francia. Forse la fake news è stata un semplice ballon d’essai per misurarne l’effetto sull’opinione pubblica maliana che a oggi risulta divisa: numerosi responsabili della società civile, ripetutamente scesi in piazza in questi mesi a sostegno della transizione, separano le due questioni e si dicono fermamente contrari all’attacco russo. I militari ne devono tener conto. La preoccupazione di molti è la violazione del diritto internazionale sulla sovranità nazionale. In Africa gli stati sono fragili o quasi inesistenti: l’accordo preso dopo le indipendenze è stato di non toccare le frontiere coloniali, un’intesa sostanzialmente rispettata fino a oggi. Il timore delle classi dirigenti africane è di essere costretti a subire un processo irreversibile di frammentazione. Tra l’altro le rare eccezioni a tale impostazione non si sono dimostrate di gran successo, come l’Eritrea o il sud Sudan. La preoccupazione per l’impatto della guerra in Ucraina è evidente: in Mali ad esempio, riconoscere le repubbliche secessioniste va nel senso di ciò che chiedono i movimenti del nord, che hanno un ambiguo rapporto con i jihadisti. Se c’è un parallelo che si fa è quello tra l’Azawad (la terra tuareg indipendente) e le repubbliche ribelli del Donbass.
Reazione a catena
C’è poi una grande preoccupazione generale per la tenuta dell’economia, già messa a repentaglio dalla pandemia e di cui ora il conflitto peggiora le prospettive. Attualmente l’interscambio tra Ucraina e il continente africano è di circa 4 miliardi di dollari (cifre 2020) mentre gli investimenti toccano gli 810 milioni di dollari. Il timore più esteso è quello di un imminente aumento dei prezzi in un continente già prostrato dalla riduzione della crescita. «L’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina sono state violate», ha dichiarato il 23 febbraio scorso l’ambasciatore del Kenya al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Il diplomatico si è poi cimentato in un ardito parallelo, che sta facendo molto discutere i media africani, tra la situazione ucraina e la storia di quasi tutti i paesi africani nati con la decolonizzazione. Va detto che il Kenya vede messe a rischio le sue esportazioni: nel 2021 la Russia è stata il quarto importatore di tè keniota per un valore di quasi 50 milioni di euro, che sui annullerebbero in caso di sanzioni. Inoltre, come molti altri paesi africani, il Kenya importa la maggior parte del suo grano da Russia ed Ucraina. Tutti sanno che l’aumento del prezzo del pane rappresenta il classico detonatore delle rivolte di piazza che tanto spaventano i dirigenti africani, come avvenne nel 2011 con le primavere arabe. Gli africani in particolare le sanzioni finanziarie (per esempio l’esclusione russa dal sistema Swift): i mercati si stanno preparando ad una possibile fuga di capitali poiché in tempi di crisi gli investitori nazionali ed esteri preferiscono spostare i loro denari in luoghi più sicuri dell’Africa. Il Ghana ha appena emesso un bond per finanziare il proprio debito pubblico ed ora teme che la garanzia sovrana non sia sufficiente per piazzarlo sul mercato globale.
Il problema del gas
C’è anche la questione energetica: allo stesso modo che in Italia, ad esempio, molti paesi africani non produttori temono le conseguenze dell’impennata dei prezzi del petrolio e del gas. Infine l’aumento del valore del dollaro potrebbe mettere pressione sulle fragili valute del continente, incluso il rand sudafricano. D’altro canto c’è anche chi potrebbe beneficiare da questa crisi come l’Algeria che è il terzo fornitore di gas all’Europa. Algeri ha già assicurato di essere pronta ad aumentare la produzione e garantire le forniture, in particolare quelle gas naturale che giungono anche in Italia. In alcuni paesi africani ci si preoccupa della sicurezza delle decine di migliaia di cittadini che vivono in territorio ucraino. Già a inizio febbraio Rabat ha invitato i 10mila marocchini che vivono in Ucraina (tra cui 8mila studenti) a lasciare il paese. Anche la Tunisia, l’Algeria e l’Egitto stanno tentando di organizzare l’evacuazione dei propri connazionali in mezzo a mille difficoltà. Il Ghana ha espresso preoccupazione per la sicurezza dei suoi più di mille studenti. Fin dall’epoca sovietica decine di migliaia di studenti ricevono borse di studio per andare a studiare sia in Russia che in Ucraina. Attualmente si stimano in 76mila gli studenti africani a Kiev e nelle maggiori città ucraine, provenienti soprattutto da Marocco, Nigeria e Egitto. Dal punto di vista politico il capo dello Stato senegalese Macky Sall, attuale presidente di turno dell’Unione africana (Ua), assieme al ciadiano Moussa Faki che presiede la Commissione dell’Ua, hanno espresso «la loro estrema preoccupazione per la situazione molto grave e pericolosa creata in Ucraina», invitando «la Federazione russa e qualsiasi altro attore regionale o internazionale a rispettare imperativamente il diritto internazionale, l’integrità territoriale e la sovranità nazionale dell’Ucraina». Nonostante tali dichiarazioni, a parte il Sudafrica e il Kenya, poche voci ufficiali hanno finora condannato l’invasione russa.
(Mario Giro)
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