Mucumblì e la sfida dell’ecoturismo
Città della Spezia, Rubrica “Diario do centro do mundo”, 9 agosto 2015 – A Sao Tomè vivo a Mucumblì, un agriturismo vicino a Neves, capoluogo del Distretto di Lembà. E’ l’unica struttura turistica esistente nel Distretto: l’alternativa era un albergo a Sao Tomè, la capitale, che è a una quarantina di chilometri da Neves, più a nord. Il nostro lavoro si svolge a Neves, e nel territorio del Distretto, che in gran parte è a sud di Neves; ma anche nella capitale, dove ci rechiamo ogni giorno, perché è la sede dei Ministeri, delle associazioni, delle Ong con cui collaboriamo, a partire da Alisei. Abbiamo fatto bene a scegliere Mucumblì. Non solo per i costi più bassi (il viaggio, l’alloggio e il vitto sono a nostre spese), ma soprattutto perché Mucumblì è un luogo splendido. Alla mattina, quando apro la porta-finestra del mio cottage e mi affaccio sulla veranda, ho davanti l’oceano e la foresta che scende verso il mare: capita di vedere il falco della foto in basso, o i delfini al largo dell’Atlantico, e naturalmente i passeri, che qui sono presenti in molte specie endemiche… Quando rientro presto, al tramonto (verso le 17), il panorama è quello della foto in alto. Alla sera ceno nel ristorante, poi mi addormento con i soli rumori delle onde dell’oceano e degli animali della foresta. Alla domenica o nei momenti liberi scendo, con un comodo sentiero, fino alla spiaggia di Ponta Figo: percorrendola tutta, si arriva fino a Neves, e si può poi rientrare a Mucumblì camminando per la strada carrabile.
Mucumblì -che è il nome di un grande albero utilizzato nella medicina tradizionale, che raggiunge i 50 metri di altezza- nacque nel 2010, per iniziativa di un italiano, Tiziano Pisoni, e della moglie Mariangela, da lungo tempo cooperanti a Sao Tomè. Tiziano, insegnante bergamasco di formazione agricola e zootecnica, arrivò per la prima volta nel 1992. “Allora non c’era niente -racconta- non c’erano collegamenti commerciali con l’Europa, c’era difficoltà a trovare ogni cosa, tranne cacao, caffè, pesce, banane, fruta pao e matabala (una sorta di patata)… in tutta l’isola c’erano due hotel e due-tre ristoranti, non c’erano negozi… le strade o non c’erano o erano disastrate… nessuna automobile o moto… la televisione arrivò proprio quell’anno, con una trasmissione sperimentale una volta alla settimana, nei luoghi dove si vedeva si radunavano centinaia di persone stupite ed entusiaste”. Tiziano ha lavorato a molti progetti nell’isola: si è occupato di acqua, di case, di sviluppo rurale, e -negli ultimi dieci anni- di strade. E’ stato il coordinatore del GIME (Grupo de Intervençao e Manutençao de Estradas), che ha lavorato dal 2005 al 2014 con un finanziamento dell’Unione europea (un milione di dollari l’anno): 1600 uomini e donne sono diventati cantonieri e hanno riparato e recuperato le strade abbandonate, ricavandone un salario. “In questo modo abbiamo consentito l’accesso a molte zone rurali e forestali che erano state abbandonate -spiega Tiziano- un fatto molto positivo, anche se purtroppo il ritorno dell’uomo ha comportato anche il fenomeno dell’abbattimento degli alberi in forma non controllata”. Peccato che il progetto sia finito: partendo da Neves e andando sia verso nord che verso sud la strada è piena di enormi “buracos” (buche), che rendono il viaggio una sofferenza non da poco, a meno che non guidi il pick up un autista esperto, conoscitore di tutti i “buracos”…
Oggi Pisoni si occupa, sempre per l’Unione europea, della gestione dei cambiamenti climatici a Sao Tomè, e dedica il tempo libero alla “sua” Mucumblì. “L’idea iniziale era quella di recuperare un terreno abbandonato per fare produzione agricola biologica: in epoca coloniale c’era una piantagione di cacao, poi con la privatizzazione tutto era andato distrutto: taglio degli alberi, estrazione delle pietre, fino a un incendio… abbiamo avuto il terreno in concessione dallo Stato, abbiamo piantato 2000 alberi, e portato conigli, galline, capre, pecore, asini e api… l’idea turistica è venuta dopo, tutte le persone che venivano si innamoravano del posto, così aprimmo due stanze per noi e per gli amici… fino agli attuali cinque cottage”. Tiziano e la moglie hanno fatto tutto da soli, senza architetti: i cottage sono collocati dove c’è vento, per cui non c’è bisogno di aria condizionata. L’integrazione con l’ambiente circostante è perfetta, non c’è alcun impatto. Ed è importante l’integrazione con la popolazione: tutto il personale è locale, residente nel raggio di due-tre chilometri. Le ragazze che lavorano nell’agriturismo sono nove: sono state formate da personale che lavora negli alberghi e nei ristoranti dell’isola, e hanno fatto corsi di inglese e di francese. Poi ci sono i lavoratori impegnati nell’agricoltura e nell’allevamento: si arriva così a 28 occupati. Mucumblì sta avendo un successo crescente, superiore a ogni aspettativa di Tiziano e Mariangela: i turisti arrivano tutto l’anno, soprattutto da Portogallo, Francia, Gran Bretagna, Germania, Ghana, Angola e Gabon. Ma non mancano americani, canadesi, australiani… e i primi italiani.
L’idea di fondo di Mucumblì è quella del “turismo sostenibile e responsabile”, che è diventato l’oggetto di una “piattaforma” che raduna una trentina di operatori turistici di Sao Tomè e Principe. L’obbiettivo è coinvolgere le comunità locali, prevedere per esse dei benefici, innanzitutto occupazionali, e puntare non solo e non tanto su spiagge e sole, quanto sul turismo culturale, storico, rurale e ambientale. E’ stato creato, per esempio, un pacchetto turistico sul cacao, che comprende visite alle piantagioni e ai villaggi, la partecipazione alla raccolta del cacao, la conoscenza del processo di trasformazione del cacao e delle condizioni di vita delle persone che ci lavorano, fino a un pranzo o a una cena con loro, la visita alle scuole, e così via… E così per il caffè. Poi ci sono i sentieri e i percorsi nel Parco di Obò e l’osservazione del ricchissimo patrimonio di biodiversità (si veda, in questa rubrica, “La foresta tropicale, regno della biodiversità”, 12 luglio 2015), l’escursione di due giorni al Pico de Sao Tomè, la montagna più alta dell’isola, e le spedizioni in zone inesplorate: il Distretto di Lembà è raggiungibile con il pick up solo fino a un certo punto, poi è solo foresta e spiagge, fino a Porto Alegre, raggiungibile per strada dalla capitale, quindi dalla parte opposta dell’isola; Mucumblì organizza escursioni di tre giorni, dormendo in spiaggia, e poi il ritorno in pick up da Porto Alegre.
In una parola potremmo chiamare tutto questo “ecoturismo”: una delle grandi vocazioni economiche del Distretto di Lembà, insieme all’agricoltura e alla pesca. Il grande compito che ora ci spetta nell’elaborazione del Piano di sviluppo sostenibile e integrato di Lembà è quello di delineare gli elementi di “visione” e di indicare le “raccomandazioni” perché l’”ecoturismo” si sviluppi: salvaguardare il paesaggio e l’ambiente, segnare e manutenere i sentieri, formare le guide… E poi proporre i luoghi dove investire, e le modalità di ricerca degli investitori, che in una prima fase non potranno che essere stranieri, quantomeno in partenariato con i saotomensi… Un aspetto particolare è quello delle roças, le antiche case delle ex imprese agricole, oggi in forte degrado. Esse conservano architetture di grande valore, e sono un simbolo della storia collettiva di Sao Tomè e Principe. Potrebbero diventare case sociali, e in certi casi strutture culturali. I Governi precedenti hanno lavorato sia a finanziamenti della cooperazione internazionale (in particolare di Taiwan), sia a ipotesi di privatizzazione. Certo è che le roças costituiscono un tassello essenziale del progetto “ecoturistico”.
Giorgio Pagano
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