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Israele e Palestina, c’è un unico modo per raggiungere la pace

a cura di in data 4 Ottobre 2023 – 20:42Nessun commento

Palestina, muro di Betlemme, graffito di Banksy “Fate hummus non muri”
(2018) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, primo ottobre 2023

Il frastuono delle armi è in tutto il mondo, non solo in Ucraina. In Palestina è assordante da molti anni. Dal 2022 la tensione si aggrava sempre più. Centinaia di giovani palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano, nel tentativo di arginare la rinascita della resistenza armata palestinese all’occupazione. Anche cittadini israeliani vengono uccisi da ragazzi disperati, che hanno conosciuto solo la vita nei campi profughi, gli insediamenti dei coloni, la violenza loro e quella dei militari. Hanno torto, ma non basta perorare “negoziati di pace” per convincerli. Bisogna andare alla radice: l’occupazione della Palestina da parte di Israele, la colonizzazione.
Il grande scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua lo ha spiegato nel suo testamento, la breve novella “Il Terzo Tempio”. Il Terzo Tempio è il nuovo santuario che gli ebrei vogliono costruire dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme a opera dei babilonesi e poi dei romani. Ma, dice Yehoshua, non può avvenire a scapito dei luoghi santi costruiti dalle altre religioni: altrimenti la conseguenza sarà “incendiare il mondo con una terribile guerra”.
La chiave di volta del futuro di Israele sta nel rapporto con i palestinesi. Senza questo rapporto Israele si nega al futuro. Ce lo conferma il sanguinoso conflitto in atto.
Questa convinzione sta crescendo negli stessi ebrei. Il primo ministro Benjamin Netanyahu e i suoi alleati di estrema destra non sembrano più in grado di contenere la mobilitazione popolare. I manifestanti criticano la riforma della giustizia approvata dal governo, perché – ha sostenuto Gali Baharv-Miara, procuratrice generale di Israele – porterebbe a “un colpo fatale al sistema democratico”. A una dittatura: controllo del potere giudiziario, dei media e delle forze armate, privazione di ogni diritto per i palestinesi. Tamir Pardo, dal 2011 al 2016 direttore del Mossad, i servizi segreti di Israele, ha denunciato: “Netanyahu vuole trasformarci in una teocrazia. Israele potrà essere sicuro e sopravvivere a lungo solo se rimane ebreo e democratico. Se rimane ebreo, ma diventa teocratico, non sarà più democratico. Se smette di essere un paese democratico non merita di esistere”.

Palestina, veduta da Betlemme di una colonia israeliana tra Betlemme e Gerusalemme
(2018) (foto Giorgio Pagano)

Ma l’opposizione al governo non si limita a questa critica. Molti ebrei mettono in dubbio ormai il carattere realmente democratico di uno Stato che ha occupato e colonizzato, per mezzo secolo, la terra di un altro popolo, attuando un sistema di apartheid. Uno Stato ebreo e democratico non può essere grande: perché deve riconoscere l’esistenza di un altro Stato confinante, quello palestinese. L’ex generale Amiram Levin ha dichiarato: “Non c’è mai stata democrazia in Cisgiordania da cinquantasette anni. C’è un’apartheid totale”.
A distanza di trent’anni dagli accordi di Oslo Unione europea e Stati Uniti non possono non prendere definitivamente atto che l’idea dei “negoziati di pace” è rimasta sulla carta, e che ha permesso a Israele di proseguire indisturbata nel suo obiettivo di espansione delle colonie.
Numerosi documenti delle Nazioni Unite e di importanti organizzazioni internazionali per i diritti umani, da Amnesty International a Human Rights Watch, sono giunti a questa conclusione: il superamento dei “negoziati di pace” a favore della decolonizzazione e dell’autodeterminazione del popolo palestinese. Bisogna affrontare le cause alla radice, altrimenti il regime coloniale andrà avanti, e la Cisgiordania diventerà una prigione come Gaza. Con il rischio di “incendiare il mondo”.
O l’Occidente saprà cogliere questa priorità, anche sulla spinta dell’altro Israele, o non ci sarà una soluzione duratura fondata sulla pace, la sicurezza umana, la giustizia non solo per i palestinesi ma anche per gli israeliani.
Anche la città della Spezia deve tornare a svolgere un ruolo di pace. Nel protocollo d’intesa, in vista del gemellaggio, sottoscritto nel 2005 dai tre sindaci di Jenin (Palestina), Haifa (Israele) e La Spezia era scritto che l’obiettivo di fondo era “rendere possibile l’esistenza di due Stati, quello israeliano e quello palestinese, liberi, sovrani e capaci di vivere in sicurezza, democrazia e pace”. La pace tra palestinesi e israeliani deve essere obiettivo strategico della città di Exodus, da realizzarsi facilitando il dialogo tra persone, associazioni della società civile, governi locali.

Post scriptum
Le fotografie sono state scattate a Betlemme nel 2018: la prima ritrae il graffito di Banksy “Tate hummus non muri” sul muro costruito da Israele; la seconda un insediamento di coloni israeliani tra Betlemme e Gerusalemme.

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