Barabba o Gesù?
Città della Spezia primo aprile 2024
LA GUERRA HA SOSTITUITO LA POLITICA
Viviamo in una situazione di fervore bellico delle classi dirigenti e dei principali mass media, nonostante che la stragrande maggioranza dei cittadini non lo condivida. La politica è sempre più in crisi e sostituita dalla guerra: anche per questo i cittadini ne sono molto lontani. Secondo la studiosa del pensiero politico Catherine Ross “le guerre oggi stanno distruggendo ogni pensiero politico, la possibilità stessa di sviluppare un pensiero politico”.
La politica è ricerca della mediazione e del compromesso. E’ lucidità contro la rabbia. “E’ politico – scriveva Plutarco – strappare all’odio la sua eternità”. Tutto il contrario della guerra. Se studiamo le ragioni del conflitto in Ucraina e in Terra Santa ci rendiamo conto di quanto sia difficile separare le ragioni dai torti. Putin è il responsabile dell’invasione dell’Ucraina, ma la vicenda ha una lunga storia, in cui tutti i protagonisti hanno colpe da farsi perdonare, compreso il cosiddetto “Occidente”. Hamas ha fatto, il 7 ottobre scorso, una mattanza, ma Israele ha risposto, in sostanza, con un genocidio; e nella storia tutti – pure l’”Occidente” – hanno commesso errori. Non è mai vero che i buoni sono tutti da una parte e i cattivi tutti dall’altra. Questa è la logica della guerra: ma è una logica che trascina nell’abisso.
La politica è entrata drasticamente in crisi quando la parola pace è stata messa in archivio. Nessuno fa più riferimento ai tentativi negoziali per risolvere le controversie internazionali. E’ un regresso spaventoso: come se la Carta delle Nazioni Unite e la nostra Costituzione non fossero mai state scritte. Sembra ormai che non esista più quella che chiamavamo “comunità internazionale”.
LA PACE POSSIBILE TRA RUSSIA E UCRAINA
Papa Francesco è l’unico leader mondiale che parla di pace e di negoziato. Il capo spirituale è diventato l’unico politico lucido: “Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà?”. Il Papa ha ragione: proseguire la guerra è un’inutile strage degli ucraini. Già sento l’obiezione: “i negoziati non sono realistici”. La via militare è realistica, allora?
Sull’Ucraina i nostri leader, dalla Von der Leyen a Letta, da Draghi alla Meloni, ci hanno propinato due narrazioni opposte, entrambe sbagliate, senza mai spiegarci perché sbagliavano e sbagliano. Prima l’esercito russo era un’armata di disperati, che sarebbe stata presto sconfitta. Ora l’esercito russo è così forte da costituire una minaccia per tutta l’Europa. Non era vero prima e non è vero ora. Tant’è che la Russia sta sì vincendo la guerra, ma con grande fatica. Ecco perché bisogna negoziare. Che piaccia o meno, la controparte non la scegliamo noi. La pace se non si fa con i nemici con chi si fa?
Che il negoziato tra Russia e Ucraina sia possibile lo ha svelato il “Financial Times” e lo hanno confermato il turco Erdogan e l’israeliano Bennett, che svolsero due anni fa il ruolo di negoziatori. Putin e Zelensky avevano accettato un piano di pace in 15 punti: Mosca si ritirava, Kiev rinunciava a entrare nella Nato e dava autonomia al Donbass in cambio di garanzie di sicurezza da Usa e Nato. Basta andare a leggere i giornali dell’epoca ed è tutto chiaro.
Il 15 marzo 2022 Zelensky disse: “Ammettiamo che non possiamo entrare nell’Ue e nella Nato”. Biden si mise di traverso definendo Putin “criminale di guerra”. Il 17 marzo Kiev disse: “Soluzione possibile, dieci giorni per la pace. I compromessi Ucraina-Russia saranno decisi da un referendum ucraino”. Il 22 marzo Zelensky invitò il Papa a Kiev e lo propose come “garante della sicurezza” post-negoziato. Ma ecco Biden il 26 marzo: “Putin macellaio, non può restare al potere”. Il 28 marzo Zelensky fu chiarissimo: “Lo status neutrale e non nucleare dell’Ucraina siamo pronti ad accettarlo: la Russia ha iniziato la guerra per ottenere questo. Poi servirà discutere e risolvere le questioni di Donbass e Crimea. Ma capisco che è impossibile portare la Russia a ritirarsi da tutti i territori occupati: porterebbe alla terza guerra mondiale”. Ancora Biden: “Non si tratta con un criminale di guerra”. Il giorno della firma dell’accordo l’allora premier inglese Boris Johnson andò di corsa a Kiev e – sostiene Bennett – minacciò Zelensky: “Non negoziate e continuate a colpire Putin”. E dopo? Centinaia di migliaia di morti. L’Ucraina distrutta, senza più giovani. Johnson se ne vanta ancora: leggerlo è rabbrividente. E’ venuto il momento di dire basta a questa follia.
LA PACE POSSIBILE TRA ISRAELE E PALESTINA
Israele è uno Stato di apartheid: i palestinesi non hanno gli stessi diritti degli israeliani. Anche nel Sudafrica c’era l’apartheid, fondato su basi biologico-razziali. A un certo punto punto il potere bianco capì che doveva negoziare con i neri. Come in Sudafrica, in Terra Santa Israele e Palestina possono convivere. I palestinesi non possono certo porre la questione della legittimità di Israele: può pensarla così qualche fanatico, ma la questione non esiste. I palestinesi sono contro l’occupazione delle loro terre, sono contro la colonizzazione e la mancanza di libertà nelle loro vite, non sono contro l’esistenza di Israele. Il vero problema, come ha detto lo studioso Lucio Caracciolo, è che si è “formata un’opinione, oltre la destra israeliana classica, che immagina di risolvere la questione palestinese con l’espulsione non solo da Gaza ma anche dalla Cisgiordania”. Israele deve capire che non può spingere i palestinesi ad andarsene. Come lo capirono i bianchi sudafricani, che si riconciliarono con i neri guidati da Nelson Mandela. Altrimenti Israele continuerà a fare una guerra anche contro se stessa, perché i palestinesi non si faranno mai cacciare.
Del resto, così come gli ucraini sono molto simili ai russi – uno dei leader dell’URSS, Nikita Krusciov, era ucraino – anche israeliani e palestinesi hanno elementi in comune molto più di quanto si pensi, dato che vivono ormai da tempo nella stessa terra.
LA MILITARIZZAZIONE DELL’EUROPA
E noi europei? Se Altiero Spinelli e coloro che elaborarono l’idea dell’Europa unita ci vedessero… Silenti su Gaza… Impegnati in accordi militari con l’Ucraina, cioè con un Paese in guerra… Quanto di più insensato e pericoloso si possa immaginare. Il disegno di riconvertire l’Europa in un’economia di guerra è il fallimento del sogno europeo. Il rafforzamento del complesso militare-industriale europeo è un problema sociale, perché finanziare le armi significa tagliare ancora lo Stato sociale e volere l’austerità neoliberista. Ma è anche un problema democratico, perché chi guadagna dalla guerra avrà interesse a influenzare il dibattito pubblico per avere sempre più guerre.
La sinistra dovrebbe battersi contro il riarmo e la militarizzazione europea, memore del tragico errore commesso nel 1914, quando gran parte del socialismo europeo votò per i crediti di guerra. Ieri, come oggi, non c’era che il Papa a denunciare l’”inutile strage”.
Le elezioni europee saranno un momento di verità: i partiti dovranno dire chiaramente al popolo italiano se vogliono impegnarsi per la pace o per la guerra.
SIAMO CHIAMATI A SCEGLIERE
In questi giorni si pensa a Gesù. Dagli osanna dell’accoglienza a Gerusalemme al “crucifige” urlato dalla folla nel volgere di pochi giorni. La folla votò per Barabba, un brigante. Un anno fa, sei mesi prima del 7 ottobre, Papa Francesco così meditò nella Via Crucis:
“Barabba o Gesù. Devono scegliere. Non è una scelta qualunque: si tratta di decidere dove stare, quale posizione prendere nelle complesse vicende della vita. La pace, che tutti desideriamo, non nasce da sé. Ma attende una nostra decisione. Allora come oggi siamo chiamati a scegliere tra Barabba o Gesù: la ribellione o la mansuetudine, le armi o la testimonianza, il potere umano o la forza silenziosa del piccolo seme, il potere del mondo o quello dello Spirito. In Terra Santa sembra che la nostra scelta ricada sempre su Barabba. La violenza sembra essere il nostro unico linguaggio”.
Ma si può scegliere Gesù: dipende da ognuno di noi.
Giorgio Pagano
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