Rd Congo: tra accuse e condanne, nell’Est i civili pagano il prezzo più alto
Africa, 4 gennaio 2023
Un territorio ormai da decenni travagliato è quello dell’Est della Repubblica Democratica del Congo dove, nel Nord Kivu, si è riaccesa negli ultimi mesi la ribellione del Movimento 23 marzo (M23), portando lo scontro anche a un più alto livello diplomatico. Da una parte Kinshasa, secondo cui il vicino Ruanda dà sostegno alla milizia armata. Kigali nega, accusando piuttosto l’esercito congolese di collusione con le Fdlr (Forces Démocratiques de Libération du Ruanda), un gruppo armato prevalentemente hutu fondato dagli ex leader del genocidio tutsi del 1994 in Ruanda. Inoltre, secondo Kigali, Kinshasa utilizzerebbe il conflitto per scopi elettorali. Le elezioni presidenziali e legislative in Rdc sono previste per il 20 dicembre 2023.
di Valentina Giulia Milani
A supporto della tesi delle autorità congolesi, vi è il recente rapporto del gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla situazione della sicurezza nell’est del Paese nel quale si riferisce di “prove sostanziali del sostegno del Ruanda all’M23”. In mezzo alle trattative, ai mini vertici di pace e ai report, vi sono gli scontri sul campo e le reciproche accuse tra esercito congolese (Fardc) e ribelli di non rispettare cessate il fuoco e ritirate annunciate. Intorno, le potenze internazionali e le forze regionali. Del resto, il territorio teatro delle tensioni, è una terra ricca di minerali: soprattutto i territori orientali sono colmi di cobalto, coltan, rame, uranio e oro.
E mentre le maglie dei complicati rapporti diplomatici si infittiscono, le persone continuano a morire nell’Est della Rdc. Un’indagine preliminare delle Nazioni Unite ha messo in luce che 131 civili sarebbero stati massacrati dai ribelli M23 solo tra il 28 e il 29 novembre in due località del territorio di Rutshuru. Secondo le indagini, le vittime sono state giustiziate “arbitrariamente con proiettili o coltelli”. Inoltre, otto persone sono state ferite da colpi d’arma da fuoco e altre 60 sono state rapite. Almeno 22 donne e cinque ragazze sono state violentate.
Ma chi sono questi ribelli? L’M23 è un’ex ribellione che è stata sconfitta nel 2013 e le cui truppe si sono rifugiate in Ruanda e Uganda. Il nome deriva da un accordo di pace firmato dal governo della Rd Congo e da un’ex milizia filo-tutsi il 23 marzo 2009. Il gruppo tutsi accusava da tempo il governo congolese di emarginare la minoranza etnica tutsi del Paese e voleva combattere una milizia a maggioranza hutu con sede nella Rd Congo, chiamata Fdlr (Forces démocratiques pour la libération du Rwanda).
Alla fine dello scorso anno i ribelli M23 hanno ripreso le armi, accusando le autorità di non aver rispettato gli accordi di pace che prevedevano anche la smobilitazione e l’integrazione dei combattenti nelle forze di sicurezza governative. L’M23 ha quindi condotto offensive su larga scala a partire da marzo nella provincia del Nord Kivu, conquistando diverse località importanti. Secondo le Nazioni Unite, più di 500.000 persone sono fuggite dai combattimenti.
Nei giorni scorsi è intervenuta anche la forza regionale dell’Africa orientale (Eac), ordinando al Movimento di lasciare le località di Rumangabo e Kishishe, nel territorio di Rutshuru (Nord Kivu), entro il 5 gennaio. La raccomandazione è stata formulata in un comunicato stampa emesso dopo la riunione congiunta con il Meccanismo di verifica allargato svoltasi sabato a Kibumba, località dalla quale i ribelli si sarebbero già ritirati anche se, fonti sul posto avrebbero dichiarato ad Afp che si tratta di una ritirata non effettiva. Stesso tipo di insinuazione arriva dalla parte della milizia che ha accusato l’esercito di non aver rispettato il cessate il fuoco stabilito al mini vertice di Luanda dello scorso 23 novembre.
L’Unione Europea da parte sua ha esortato “con forza il Ruanda a smettere di sostenere l’M23 e a utilizzare tutti i mezzi per esercitare pressioni sull’M23 affinché si conformi alle decisioni prese dalla Comunità degli Stati dell’Africa Centrale (Eac) e al mini-vertice di Luanda del 23 novembre 2022”. Dichiarazioni firmate dal capo diplomatico dell’Ue Joseph Borrell in un comunicato emesso nel fine settimana in seguito alla pubblicazione del rapporto Onu che attesta il sostegno ruandese alla ribellione. Rapporto che il governo congolese ha accolto con favore: per Kinshasa, “questo atto del Consiglio di Sicurezza pone fine alle menzogne e alle manipolazioni distillate per diversi mesi dal governo ruandese abusando della buona fede dell’opinione pubblica internazionale”.
Potenze come la Francia e gli Stati Uniti hanno condannato già a novembre “con la massima fermezza” le continue offensive dell’M23 nell’est Paese. Il ministero degli Esteri francese ha invitato il gruppo ribelle “a ritirarsi immediatamente da tutte le aree che occupa”, estendendo il suo appello a “tutti i gruppi armati” affinché cessino “i combattimenti e si impegnino nel processo di disarmo”.
(Valentina Giulia Milani)
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