La legge sulla cittadinanza ha 30 anni (e li dimostra)
Africa, 18 settembre 2022
Un milione e mezzo di figli di cittadini stranieri residenti in Italia è in attesa del riconoscimento di diritti fondamentali. Siamo fanalino di coda, per difficoltà di acquisizione della cittadinanza, tra le principali nazioni europee. La riforma della cittadinanza è inoltre sparita dalla campagna elettorale per le prossime elezioni. Tema scomodo per la politica, dove c’è chi cerca un compromesso con la proposta dello ius scholae. Che sanno in pochi cosa sia.
di Marta Sachy
Da anni la politica italiana litiga sulla legge della cittadinanza. A sinistra si promettono riforme poi puntualmente disattese; a destra si fa opposizione dura per questioni ideologiche o, meglio, per drenare consenso. Anche in queste settimane di campagna elettorale, sempre il solito copione. Risultato: una situazione inaccettabile.
La legge 91/1992 disciplina l’acquisizione della cittadinanza italiana per discendenza, naturalizzazione o matrimonio. In questi 30 anni sono passati 13 presidenti del consiglio, 20 governi e 5 presidenti della repubblica, ma soprattutto l’Italia è cambiata: il censimento del 1991 registrava 356.159 cittadini stranieri residenti, oggi questi sono 5 milioni e 382.000. La legge in vigore ne penalizza 1,5 milioni.
Ma i bambini e giovani con background migratorio, afrodiscendenti compresi, come diventano italiani? Un minore può ottenere la cittadinanza per naturalizzazione se un genitore diventa cittadino italiano prima che il figlio compia 18 anni. Il genitore deve dimostrare di essere vissuto ininterrottamente in Italia per 10 anni e dichiarare un reddito minimo di 8.263 euro per almeno 3 anni consecutivi, mantenuto tale fino al giuramento. La cifra aumenta in proporzione al numero di persone nel nucleo familiare.
Se nessuno dei suoi genitori è cittadino italiano, chi è nato in Italia può richiedere la cittadinanza a 18 anni, a condizione di dimostrare di essere rimasto in Italia legalmente senza interruzioni. Se non si è nati in Italia, la richiesta è vincolata alla comprovata residenza continuativa nel nostro Paese per almeno 10 anni e bisogna attendere la maggior età (ma entro i 19 anni) per formalizzare la richiesta. Se dunque uno arriva in Italia a 10 anni, deve aspettare i 20 per richiedere la cittadinanza, e normalmente serviranno 4 o 5 anni per un riscontro. In questo periodo, se già maggiorenne dovrà rinnovare il permesso di soggiorno: per studio ogni 12 mesi; per lavoro ogni due anni, se lavora. Se perde il lavoro rischia di diventare illegale.
Altrove in Europa, le cose sono diverse. In Gran Bretagna i nati da genitori residenti ottengono la cittadinanza alla nascita; quelli nati all’estero, dopo 5 anni di residenza. In Spagna, se i genitori sono residenti, i loro figli diventano cittadini dopo un anno di residenza; se nati all’estero, dopo 10 anni di residenza. In Francia i figli di stranieri residenti conseguono la cittadinanza a 13 anni. Se nati all’estero, a 18 anni possono fare domanda dimostrando di avere la residenza da 5 anni. In Germania, se i genitori sono residenti, a 18 anni hanno 5 anni per richiedere la cittadinanza tedesca; se nati all’estero, a 18 anni di età e 8 di residenza possono fare domanda.
L’Italia è il Paese europeo che fa aspettare di più. Privare della cittadinanza significa limitare diritti quali andare in gita scolastica all’estero, fare l’Erasmus, votare e candidarsi, partecipare a concorsi pubblici o, per gli atleti, a competizioni internazionali. Tutti impedimenti che causano effetti psicologici negativi e alimentano ancor più le discriminazioni, anche razziali, che già tanti subiscono.
Lo ius scholae prevede la cittadinanza italiana per i giovani con background migratorio nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano frequentato almeno 5 anni di scuola nel nostro Paese (lo scorso anno erano 877.000). Da un recente sondaggio di Quorum/YouTrend è emerso che il 62% degli italiani non sa cosa sia lo ius scholae, ma una volta conosciuti i dettagli della riforma, 6 italiani su 10 si sono dichiarati a favore; il 63% sarebbe favorevole anche al riconoscimento immediato della cittadinanza per i nati in Italia da genitori stranieri.
(Marta Sachy)
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