Umoja, il villaggio del Kenya dove le donne sono libere dalla violenza di genere
10 Luglio 2023 – 20:58

Africa, 10 luglio 2023
di Claudia Volonterio
C’è un luogo sicuro in Kenya dove tante donne si sono rifugiate negli anni per proteggersi da ogni forma di violenza di genere, tra cui stupro, mutilazioni genitali femminili, abusi …

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Che cosa spinge a migrare?

a cura di in data 3 Dicembre 2022 – 21:15Nessun commento

Africa, 3 dicembree 2022

Oltre l’80% dei migranti africani non lascia il proprio continente. Solo una piccola parte tenta di raggiungere l’Europa. E, contrariamente ai luoghi comuni e a una certa propaganda, gli immigrati in Italia non provengono dagli strati più bassi delle società d’origine né dai Paesi più poveri.

di Meraf Villani

Un luogo comune descrive i migranti come persone estremamente povere, provenienti da Paesi in ginocchio, alla ricerca disperata di un modo per sfamarsi. La realtà è diversa. Gli immigrati generalmente non provengono dagli strati più poveri del Paese d’origine, ma dalle classi medie, anche se fragili o a rischio di impoverimento. Emigrare costa. L’investimento per raggiungere le coste italiane può superare i diecimila dollari. I più poveri non dispongono di risorse sufficienti. E la scolarità di chi arriva in Italia è mediamente buona, rispetto agli standard dei Paesi d’origine.
I migranti si spostano perché aspirano a migliorare le loro condizioni: la speranza e le ambizioni contano più della disperazione. Non solo: se confrontiamo l’elenco dei Paesi che forniscono il maggior numero di emigrati verso l’Italia, ma anche su scala più ampia, con le graduatorie mondiali basate sull’Indice di sviluppo umano, scopriamo che i Paesi più sfortunati, come quelli dell’Africa subsahariana, partecipano ben poco alle migrazioni internazionali. Soprattutto inviano pochi emigranti verso l’Occidente sviluppato. La graduatoria delle prime comunità africane in Italia – che complessivamente non rappresentano più del 15% degli immigrati – è guidata dal Marocco, cui seguono Egitto, Nigeria, Senegal e Tunisia. Paesi africani ben più poveri non hanno significative comunità immigrate.
Va ricordato in proposito che solo una percentuale minima di persone costrette o spinte a lasciare il proprio Paese cerca di raggiungere l’Europa. Dei 35 milioni di emigrati subsahariani registrati lo scorso anno, solo una minoranza di 6 milioni di persone si è allontanata dal continente. Una gran parte ha sì attraversato confini, ma spesso solo per spostarsi in un Paese limitrofo (Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Etiopia, Sudafrica e Kenya rappresentano i principali poli attrattivi regionali). Certo, una variabile da tenere presente è l’instabilità politica, che può generare migrazioni di massa. Basti pensare a quanto accaduto in Libia e in Tunisia ai tempi delle cosiddette Primavere arabe, che hanno fatto cadere regimi granitici aprendo fasi di profonda incertezza e insicurezza. Oggi le guerre nel Sahel, nel Tigray, nel nord del Mozambico e nell’est del Congo generano milioni di sfollati e profughi. E sempre di più i fenomeni meteo estremi, come alluvioni o siccità, spingono ad abbandonare la propria casa per rifugiarsi altrove. L’insicurezza alimentare causata dall’emergenza climatica va ad intaccare soprattutto la fascia del Sahel e del Corno d’Africa, contribuendo ulteriormente a mettere a dura prova le fragili economie locali.
Il boom demografico è destinato ad aumentare la pressione dell’uomo sull’ambiente. Entro il 2050 la popolazione africana raddoppierà, arrivando ai 2 miliardi e mezzo (1 abitante su 4 nel mondo). La sola Nigeria sarà popolata da 450 milioni di persone. Terre fertili e fonti d’acqua diventeranno sempre più scarse in relazione alle crescenti necessità. Nuova gente deciderà di emigrare. Specie se si andranno ulteriormente esacerbando le disuguaglianze sociali. I dati della Banca mondiale sono eloquenti: un subsahariano guadagna mediamente 1.700 dollari l’anno, mentre il reddito medio dei cittadini dell’eurozona è di 37.400 euro. Nello stesso arco di tempo in cui l’Africa raddoppierà la sua popolazione, l’Italia si spopolerà (secondo l’Istat, il nostro Paese è destinato a perdere sei milioni di abitanti) e invecchierà (oltre la metà dei cittadini sarà in età pensionabile). A quel punto non saremo più interessati a interrogarci sulle ragioni delle migrazioni. Saremo ossessionati da un’unica preoccupazione: come convincere i migranti a salvarci.

(Meraf Villani)

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