La rivincita degli imperi ora minaccia la stabilità
Domani, 26 novembre 2022,
di Mario Giro (politologo)
DALLA RUSSIA A TURCHIA E IRAN
Nel mondo di nuovo in guerra le frontiere sono tornate di moda e la loro integrità è a repentaglio. Stiamo assistendo a una strana forma di rivincita degli imperi, dalla guerra in Ucraina ai tentativi di sfondamento della Turchia in Rojava, fino ai bombardamenti iraniani nel Kurdistan iracheno. Al contrario degli stati-nazione, gli imperi non hanno mai amato confini troppo definiti, sempre alla ricerca di un’espansione e di un’influenza oltre frontiera. In ogni caso l’identità degli imperi non risiede in confini assoluti, mentre è così per gli stati-nazione, che vi legano la propria esistenza e, se non soddisfatti, lunghe e interminabili rivendicazioni.
C’è il caso della Russia (zarista, sovietica o attuale): la più lunga frontiera del mondo, le cui convulsioni sono descritte ad esempio dall’autrice norvegese Erika Fatland che si è presa la briga di raccontarci il suo interminabile giro lungo tale confine incerto e teso. Anche la Turchia ha riscoperto l’eco dei suoi antichi fasti ottomani sia in mare che per terra, e guarda oggi con bramosia a Mosul e Aleppo, percepite come città una volta all’interno del suo mondo. Per questo Ankara proietta il suo spazio ben al di là dell’Anatolia, della Tracia o della costa egea: prende contatto con le popolazioni turcofone o turcomanne, si presenta come un’alternativa nei Balcani, sbarca in Libia e cerca di spingersi al di là dei confini siriani che dimostra di non riconoscere.
L’ottomanizzazione della politica turca significa anche influenza crescente in quelle che furono terre ottomane, inclusa la costa orientale africana. L’Iran, oggi repubblica islamica ma fino all’altro ieri impero persiano, non dimentica tale sua radice e preme sulla frontiera irachena verso il Kurdistan autonomo, con bombardamenti che annunciano qualcosa di più. Quelle antiche terre d’oriente, dove oggi si incontrano Turchia, Iran, Iraq ma anche Azerbaigian e Armenia, sono sempre state contese fra imperi e ancora oggi sono chiamate con nomi diversi. Teheran non nasconde le sue mire su tutto l’Iraq, e non solo sul nordest oltre il lago di Ourmieh, la regione che gli iraniani chiamano “testa del gatto”.
Davanti alla rinascita delle mire imperiali, vacillano i giovani stati come Siria e Iraq, la cui legittimazione viene dai colonizzatori che ne disegnarono i confini alla caduta dell’impero ottomano dopo la Prima guerra mondiale. Senza cadere nella trappola ideologica postcoloniale (qualunque confine terrestre è sempre una decisione in qualche modo discutibile), resta il fatto che oggi gli ex imperi, alla riscoperta di una vocazione nel vuoto della politica globale, mettono in crisi la stabilità internazionale con la loro interpretazione delle frontiere fragili e alterabili.
(Mario Giro)
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