Tunisia: le ragioni della crisi, tra insicurezze alimentari e sociali
Africa, 27 ottobre 2022
La Tunisia è stata attraversata nelle ultime settimane da una serie di proteste, le quali, sebben scoppiate per motivi apparentemente diversi tra di loro, sono simbolo e frutto di una situazione economica sempre più difficile, di un senso di ingiustizia sociale, e di una progressiva perdita di fiducia nel sistema politico messo in piedi dopo il 25 luglio 2021.
di Giusy Musarò – Centro studi AMIStaDeS
Negli ultimi mesi, la carenza di beni primari, come zucchero, olio, riso, latte, acqua minerale, carburante – solo per citarne alcuni – sta mettendo a dura prova i produttori e consumatori tunisini. Le cause di tale penuria sono da ricercarsi nell’accelerazione del tasso di crescita dei prezzi dei prodotti alimentari nell’ultimo anno. A settembre era pari al 13%, contro il 12% del mese di agosto, mentre i prezzi di elettricità, gas e combustibili sono aumentati dello 0,4% solo nel mese di settembre. All’aumento dei prezzi ha fatto seguito un aumento esponenziale del tasso d’inflazione, che, seppur non abbia risparmiato nemmeno l’Europa, in Tunisia ha raggiunto il 9,1% a settembre (circa 0,4% in più rispetto ad agosto). Per far fronte all’aumento del tasso inflazionistico la Banca Centrale ha, per la prima volta e contrariamente alla posizione assunta in passato, aumentato il tasso di interesse di riferimento di 25 punti base, portandolo al 7,25%, mentre il debito pubblico continua a salire.
Impatto della guerra in Ucraina e aiuti internazionali
Lo scoppio della guerra in Ucraina lo scorso febbraio 2022 ha, inoltre, comportato una diminuzione della disponibilità di alcuni beni di prima necessità, tra cui quella di grano. La Tunisia, infatti, come molti Paesi del Mediterraneo, importa più della metà delle sue riserve di grano dall’Ucraina e dalla Russia. Se, inizialmente, le variazioni dei prezzi a livello internazionale non avevano comportato necessariamente un aumento dei prezzi sul mercato interno grazie alla presenza di sussidi alimentari statali, in essere fin dagli anni ‘70, l’attuale cambio di politica verso una riduzione di tali sussidi, sta risultando non solo in un aumento dei prezzi, tra cui quello del pane e del carburante, ma anche una diminuzione della stessa produzione interna. È di qualche giorno fa, ad esempio, lo sciopero dei panettieri per rivendicare i quattordici mesi di sussidi non pagati.
Tale cambio sarebbe frutto del pacchetto di riforme negoziato con il Fondo Monetario internazionale per un accordo preliminare di circa 1.9 miliardi di dollari per 48 mesi, che potrebbe essere finalizzato alla fine dell’anno. Tra le altre riforme, oltre alla diminuzione dei sussidi statali, sono previsti tagli salariali e la ristrutturazione delle imprese pubbliche. Secondo un rapporto della Banca Mondiale, il sistema di sussidi alimentari, infatti, sarebbe uno dei principali fattori alla base dell’aumento del deficit commerciale e di bilancio. Sebbene, infatti, tale sistema abbia permesso di garantire la stabilità dei prezzi per i consumatori, dall’altro lato ha penalizzato gli agricoltori e i trasformatori alimentari e portato a un consumo eccessivo, con significative perdite e sprechi.
Politiche interne passate e prospettive future
Se la guerra in Ucraina ha sicuramente avuto un forte impatto sulla sicurezza alimentare di molti Paesi del Mediterraneo, tra cui la Tunisia, la causa di tale crisi è da ricercarsi anche in scelte politiche economiche passate, per lo più orientate verso un mercato estero con l’obiettivo di aumentare le esportazioni, piuttosto che allo sviluppo di un mercato interno. Ciò ha portato il Paese a dipendere sempre di più da importazioni estere per il soddisfacimento dei propri bisogni interni. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Nazionale di Statistica di aprile 2022, le importazioni eccedevano le esportazioni di 2157.5 milioni di dinari, con i prodotti agroalimentari al primo posto, seguiti da energia e carburanti, per tipologia di beni importati.
Dall’altro lato, ridotti investimenti in settori primari, una gestione non adeguata delle risorse naturali di cui il Paese dispone, insieme ad un approccio ancora poco basato su pratiche di produzione e consumazione sostenibili, a cui si aggiungono gli effetti del cambiamento climatico, di cui, secondo alcuni esperti, la Tunisia ne sarà particolarmente colpita, non hanno sicuramente giovato alla situazione economica del Paese negli anni, sfociando in quella che oggi si può definire come una crisi anche sociale.
Proteste e speranze
Nelle ultime settimane diverse proteste sono scoppiate nel Paese, da quelle date dal crescente malcontento popolare per la carenza di beni primari, a quelle nate in seguito alla morte di un giovane tre settimane dopo le presunte aggressioni inflittegli dalle forze di polizia, a quelle scoppiate a Zarzis, nel sud del Paese, dopo la sepoltura in un cimitero di migranti di alcuni corpi ritrovati in mare dopo un mese dal naufragio di un’imbarcazione al largo della costa, senza il minimo sforzo da parte delle autorità competenti di identificarne l’identità. Sempre più tunisini, infatti, decidono di migrare, anche illegalmente, verso l’Europa, sia via mare o cercando nuove rotte migratorie via terra. Secondo gli ultimi dati dell’UNHCR, infatti, a fine settembre tra i migranti arrivati in Italia via mare, i tunisini occupano il secondo posto per nazionalità, circa il 20% dei più di 77.000 migranti arrivati dall’inizio dell’anno.
In conclusione, se da un lato gli aiuti internazionali sembrano oggi l’unica via d’uscita per risanare le finanze pubbliche, dall’altro lato il pacchetto di riforme che dovrebbe essere attuato in cambio, potrebbe non portare gli effetti desiderati, ma anzi aumentare il malcontento sociale se il governo non sarà capace di soddisfare i bisogni dei cittadini a breve termine. Più a lungo termine, invece, sarebbe auspicabile mettere in discussione gli attuali sistemi di produzione e consumazione, capire le vulnerabilità di ciascun sistema, oltre all’impatto ambientale e sociale delle riforme intraprese sul lungo periodo, e adottare un approccio più sostenibile dal punto di vista sociale, economico ed ambientale, e maggiormente attento ai bisogni locali della popolazione.
Fonti:
Document – Italy Weekly Snapshot – 24 October 2022 (unhcr.org)
EXCLUSIVE Tunisia to propose wage, subsidy cuts in IMF talks, document shows | Reuters
https://oec.world/en/profile/bilateral-product/wheat/reporter/tun
https://towardfreedom.org/story/archives/africa
War in Ukraine and Food Insecurity in Tunisia: Where is reform most needed?
https://www.banquemondiale.org/
https://www.businessnews.com.tn/tunisie-pays-a-sec-dirige-par-un-super-pr
https://www.ilboursa.com/marches/accord-avec-le-fmi%C2%A0-les-huit%C2%A0grandes-promesses-de-reformes-du-gouvernement-tunisien_37193
https://www.mei.edu/publications/tunisias-food-shortages-shine-spotlight-its-core-economic-failings
https://www.oasiscenter.eu/it/tunisia-i-danni-politici-e-sociali-di-un-modello-economico-distorto
https://www.reuters.com/world/middle-east/protests-paralyse-tunisian-town-after-migrant-deaths-2022-10-18/
https://www.zonebourse.com/actualite-bourse/La-banque-centrale-de-Tunisie-releve-son-taux-d-interet-directeur-de-25-points-de-base-pour-le-porte–41935396/
IMF and Tunisia reach preliminary deal on $1.9bn loan (businesslive.co.za)
(Giusy Musarò)
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