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Cosa succede in Libia dopo il flop dei colloqui sull’accordo di unità

a cura di in data 5 Luglio 2022 – 21:34Nessun commento

Il parlamento di Tobruk, in Libia, danneggiato dopo l’assalto e i saccheggi dei manifestanti lo scorso venerdì primo luglio
FOTOAP

Domani, 05 luglio 2022,
di Luca Attanasio

Dalla newsletter Afriche

Le tensioni in una Libia che qualche mese fa si pensava in marcia verso un accordo di unità dopo oltre un decennio di guerra, montano di giorno in giorno. Venerdì 1° luglio un gruppo di manifestanti ha preso d’assalto la sede della Camera dei rappresentanti nella città orientale di Tobruk, saccheggiando gli uffici e dando alle fiamme intere sezioni dell’edificio. Il giorno dopo, dimostranti si sono radunati a Tripoli, Al Bayda, Misurata e in altre città, e hanno bloccato le strade, incendiato pneumatici e inscenato manifestazioni che hanno fatto salire il livello di guardia. La popolazione frustrata da anni di caos e divisioni, ha chiesto la rimozione dell’attuale classe politica e lo svolgimento entro l’anno di quelle elezioni che si sarebbero dovute tenere lo scorso dicembre e che al momento sembrano più lontane che mai.

I colloqui
Gli ultimi colloqui tenutisi giovedì 30 giugno a Ginevra tra i presidenti delle due camere rivali — Aguila Saleh, il leader del parlamento di Tobruk e Khaled el-Meshri, presidente dell’Alto consiglio di stato con sede a Tripoli — non sono riusciti a risolvere le differenze chiave attorno a una bozza di quadro costituzionale per le elezioni. Un fallimento erano stati anche i negoziati svoltisi al Cairo dieci giorni prima Alla base delle turbolenze politiche e le manifestazioni di rabbia della popolazione, ci sono le disastrose condizioni economiche in cui la Libia è sprofondata, con il paradosso dei prezzi del carburante di uno dei paesi maggiormente produttori, schizzati alle stelle e le susseguenti continue interruzioni di corrente. Alla pesante situazione, contribuisce anche la decisione di leader tribali di chiudere molti impianti petroliferi, tra cui il più grande giacimento del paese. I prezzi del pane e dei beni di prima necessità sono aumentati e le proteste di un popolo che non ha mai conosciuto povertà estrema, si scagliano giustamente sulla endemica incapacità delle due fazioni di trovare un accordo politico. Secondo quanto riportano i media libici, i criteri per la candidatura presidenziale sono stati il punto controverso attorno al quale si sono incagliati i colloqui. Il Consiglio con sede a Tripoli, in un estremo tentativo di precludere ogni velleità al comandante Khalifa Haftar, le cui forze so no fedeli all’ amministrazione orientale, insiste nel vietare ai militari la candidatura alla massima carica del paese. Haftar, infatti, aveva annunciato la sua candidatura alle elezioni presidenziali previste per lo scorso dicembre e mai tenutesi, e molti osservatori ritengono che voglia riprovarci in un’eventuale ricorso effettivo alle urne. «Quello che si sta cercando di fare con i colloqui ha dichiarato — Rory Challands inviato di Al Jazeera — è riportare il paese a una versione migliore e più stabile di quella del 21 dicembre, quando le elezioni presidenziali e parlamentari sono state vietate all’ultimo minuto». Ma il secondo netto fallimento nel giro di una decina di giorni, complica ulteriormente gli sforzi internazionali per trovare una via d’uscita dal caos e il timore di un ritorno a un conflitto aperto aumentano di giorno in giorno. Notizie di scontri armati aumentano. A metà giugno scambi di colpi d’arma da fuoco ed esplosioni sono stati uditi in diversi quartieri di Tripoli, e civili in fuga da aree molto popolose sono state diffuse dai media locali. Gli intensi combattimenti hanno coinvolto due influenti milizie della Libia occidentale: la Brigata Nawasi — una milizia fedele al politico Fathi Bashagha —e la Forza di sostegno alla stabilità, che sostiene il premier ad interim Abdul Hamid Dbeibah.

Caos e migranti
Sullo sfondo, l’ormai annosa situazione di migliaia di migranti forzati rinchiusi nei noti lager libici le cui sorti, anche a causa di questa situazione di grave instabilità e di una serie di accordi stabiliti dal nostro governo e ancora vigenti, preoccupano molto. In questo quadro, dalla Libia arriva una drammatica notizia che aggiunge orrore al già pesante contesto: sono stati rinvenuti i corpi di 20 persone che si erano perse nel deserto libico e sono morte con tutta probabilità per sete. I cadaveri sono stati scoperti da un camionista che stava attraversando il deserto e sono stati recuperati a circa 320 chilometri a sud-ovest di Kufra e a 120 km dal confine con il Ciad.

(Luca Attanasio)

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