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In Guinea il colonnello ha fatto il golpe per evitare il licenziamento

a cura di in data 9 Settembre 2021 – 20:46Nessun commento

Terzo colpo di stato riuscito nella storia della Repubblica di Guinea, questa volta guidato dal colonnello Mamady Doumbouya
FOTO AGF

Domani, 09 settembre 2021, di Mario Giro (politologo)

Cosa c’è dietro al colpo di stato

Terzo colpo di stato riuscito nella storia della Repubblica di Guinea, familiarmente Guinea Conakry. Domenica mattina, verso le otto, le truppe del gruppo delle forze speciali hanno occupato il palazzo presidenziale, arrestato il presidente Alpha Condé e preso il controllo dei mezzi di comunicazione nazionali, radio e tv. Poi, con tutta calma, si sono installati al palazzo dei congressi, la sede dei più importanti eventi nazionali, scegliendolo come sede della giunta golpista che ha preso il nome di Cnrd, comitato nazionale per il raggruppamento e lo sviluppo. I soldati non si sono scomodati a occupare i vari ministeri ma hanno convocato i ministri e tutte le alte cariche dello stato a un incontro nel pomeriggio, minacciando i recalcitranti. Il colpo è stato quasi senza spargimento di sangue, l’unico vero combattimento si è avuto al ministero della Difesa dove è stato ucciso il ministro con alcuni soldati a lui fedeli. Così verso le 16 si sono presentati quasi tutti i capi dei dicasteri ai quali il colonnello Mamady Doumbouya, leader del putsch, ha comunicato la decadenza dalla carica, chiedendo anche di restituire passaporto e l’automobile di servizio entro la mattina successiva. Dopo oltre cinque ore di incontro in cui i militari hanno mescolato blandizie a minacce, tutti sono stati invitati a rientrare a casa propria.

Una voce libera
La sola personalità pubblica a essere intervenuta con forza e senza paura davanti alla giunta è stata Rabiatou Serah Diallo, la presidente del comitato economico e sociale, la quale ha ammonito i militari di considerare la differenza tra membri di governo e istituzioni della repubblica, le quali non decadono allo stesso modo. Pare che il colonnello e i suoi uomini siano stati presi alla sprovvista non conoscendo bene come funziona uno stato, e abbiano risposto che prenderanno in considerazione la mozione. Rabiatou non è nuova a tali prese di posizione: anziana ex sindacalista molto conosciuta nel paese, si era opposta anche durante il precedente colpo di stato (quello del comandante Dadis Camara) ed era rimasta una voce libera nelle fasi successive, riuscendo a incarnare la società civile e le sue istanze di libertà e democrazia. Con l’aiuto della mediazione della comunità di Sant’Egidio, Rabiatou aveva partecipato alla creazione del patto repubblicano firmato a Roma nel 2009 da tutte le forze politiche e sociali del paese, la cui adozione riuscì a riportare il paese alle elezioni democratiche dell’anno successivo. Il presidente Alpha Conté non la amava per la sua libertà di parola, ma non ha mai potuto liberarsene completamente nominandola presidente del consiglio economico e sociale del paese.

Cosa c’entra la Cina
Ora una nuova generazione di militari ha preso il potere. È significativo che il colonnello Doumbouya sia della stessa etnia e originario della medesima città del presidente arrestato: non si tratta dunque di un conflitto etnico. Alcuni osservatori si sono affrettati a dire che si tratta di un colpo fomentato dai réseaux filo-francesi perché il colonnello Doumbouya ha fatto parte a lungo stato della legione straniera. In realtà è stato addestrato anche negli Stati Uniti, in Israele, a Cipro e in altri paesi. Non c’è nulla che lo leghi formalmente a una filiera franco-africana, tra l’altro storicamente assente in Guinea. Altri sostengono che i militari vogliano rinegoziare i contratti minerari sui fosfati con la Cina e altri compratori. La Guinea è il secondo esportatore mondiale di fosfati, la materia prima da cui si ricava l’alluminio. Pechino in effetti si è mostrata molto sollecita nel condannare fortemente il golpe e ad affermare la propria totale estraneità, cosa che in genere fa con molta minor solerzia. Ma tale ipotesi sembra poco probabile anche perché sono pochissimi in Guinea a intendersi di contratti internazionali di tale portata, i cui negoziati sono affidati a società di intermediazione straniere. Immaginare di trattare da soli sarebbe una pia illusione.

Il vero motivo
La verità di questo colpo di stato potrebbe essere molto più prosaica: da qualche mese si vociferava a Conakry di dissapori tra Condé e il colonnello che il presidente stesso aveva voluto alla testa delle truppe speciali. Tali truppe erano state inviate in varie operazioni internazionali come in Repubblica Centrafricana, Costa d’Avorio e altrove. Da un po’ di tempo la fiducia tra i due si era rotta ed è probabile che Doumbouya abbia voluto prevenire un suo imminente licenziamento. Per ora la Ecowas, la comunità degli stati africani occidentali presieduta dal Ghana, condanna il golpe e negozia la liberazione del presidente Condé, invitando tutti a non usare la violenza. I militari hanno assicurato l’incolumità di Alpha Condé ma non hanno deciso se inviarlo in esilio (come nel caso dell’ex presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keita) oppure giudicarlo per corruzione e soprattutto per aver forzato la costituzione allo scopo di ottenere un terzo mandato. In effetti Alpha Condé, al potere da dieci anni, era riuscito a cambiare il testo della carta mediante un contestatissimo referendum che l’opposizione aveva boicottato e la comunità internazionale criticato. Era poi stato rieletto per un terzo mandato nell’ottobre 2020. Uno dei primi atti formali della giunta è stato di ripudiare la Costituzione stessa, affermando di voler rimettere ai cittadini la stesura di un nuovo testo: un modo per ingraziarsi il favore popolare. Forse questo è uno dei motivi che hanno spinto l’opposizione politica a schierarsi con il putsch dopo una giornata di silenzio. Lo stesso Dalein Diallo, lo sfortunato sfidante di Conté a due elezioni presidenziali, si è detto pronto a collaborare con Doumbouya a condizione che si proceda presto al ripristino della democrazia.

Le ripercussioni
Malgrado tali dinamiche tutte interne alla Guinea, il golpe in realtà rischia di avere ripercussioni molto più ampie di quelle locali. In Africa occidentale siamo già al terzo golpe in due anni senza che nessuno si accorga che qualcosa non va: due in Mali e ora uno in Guinea. Si può aggiungere alla lista il colpo di stato bianco del Ciad sùbito dopo l’uccisione di Idriss Deby: una specie di auto-golpe per mantenere la famiglia Deby al potere, con sospensione della Costituzione. Ciò che si può temere è un fenomeno imitativo in paesi vicini. L’epoca dei colpi militari sembrava tramontata con il nuovo millennio: a ogni tentativo seguiva un completo ostracismo da parte delle istituzioni regionali e continentali africane, a cui si accodava quella globale. I golpe militari erano diventati obsoleti ma ora sembra che non sia più così. Lo spaesamento della comunità internazionale lascia aperti spazi di ambiguità politica e di silenzio che possono essere sfruttati. Ciò rende delicata la situazione in alcuni paesi dove le divisioni sono profonde e le istituzioni fragili. Quando manca una vera riconciliazione interna, la crescita economica non basta. La stessa Guinea aveva un tasso di sviluppo del sei per cento da diversi anni ma non è bastato a guarire la ferita del referendum che aveva diviso la popolazione. Molti altri leader africani dovranno tenere conto di ciò che accade ora a Conakry.

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